I piaceri del vino - Il bicchiere



A differenza dell’acqua, alimento liquido, inodore e insapore, che può essere bevuto direttamente con la bocca alla fonte o con l’ausilio delle mani poste a coppa, il vino è stato bevuto sempre in contenitori di ogni genere: dal corno di animale in uso nei popoli mediorientali, alle ciotole, tazze, coppe, boccali e calici costruiti con i materiali più diversi (pietra scavata, bronzo, legno, oro, terracotta, vetro, ceramica, cristallo, ecc.).

La ciotola fu, di gran lunga, lo strumento più diffuso. Munita di un’ansa per introdurre il dito, serviva per attingere il vino dall’anfora   o dal cratere, per prelevare, più tardi, il vino dalla botte in cantina, era utilizzata per degustare e per bere.

Fu senza ombra di dubbio l’antenata di quella tazza di metallo dalle pareti lavorate a sbalzo che, fin dal 1400, fu chiamata tastevin: per tastare, cioè gustare e, insieme, sottoporre a un esame. Ferro del mestiere dell’odierno sommelier. Del tastevin, parlerò in uno specifico post.

Il bicchiere di vetro, sebbene non moderno, nasce quale contenitore di liquidi nel 1750 con il cristallo (lega che contiene dal 24 al 36% di piombo) in Boemia e in Inghilterra, per poi diffondersi velocemente in tutta Europa quale contenitore di vini.

La sua diffusione è rimarcata da ardite e rimarcate decorazioni, sfaccettature diventando inizialmente oggetto di bellezza e nel ventesimo secolo si abbandonano le tendenza decorative e si restituisce al calice la sua funzione: testimoniare con una precisa eleganza formale, il vino e, attraverso forme opportune, valorizzarne la qualità, coniugando il tutto.

Il bicchiere dove versiamo il vino è un contenitore ma anche un espositore. Per svolgere queste funzioni, deve essere in vetro (cristallo o mezzo cristallo), ovvero un corpo neutro rispetto al fino e alle sue componenti acide. Deve essere trasparente in modo da permettere di valutare bene il colore e la limpidezza del vino. Non deve avere sfaccettature, decorazioni e ulteriori fronzoli che impediscono un corretto approccio visivo.

Il suo spessore e il suo peso saranno minimali e dovrà essere sottile soprattutto il bordo che viene a contatto con le labbra. Il suo stelo dovrà essere sottile e abbastanza lungo, per consentire una buona maneggevolezza. Da questo si deduce che il bicchiere si prende per il piede che sostiene lo steso  non per una questione di bon ton ma per una funzionalità alla degustazione, il contatto diretto delle mani alla pancia del bicchiere che contiene il vino rischia di alterarne la temperatura.

Il bicchiere deve infine di forma e capacità adatta. A ogni vino il suo bicchiere.



Uso del bicchiere:

1.      Il bicchiere va riempito per un terzo o poco più della sua capacità, ciò permette di agitare il vino con movimenti rotatori, senza sperderlo.

2.      I bicchieri di lavano con acqua calda utilizzando saponi che non lasciano odori.

3.      Dopo lavati, i bicchieri non si asciugano, ma si lasciano sgocciolare sospesi per il piede.

4.     Si custodiscono in un armadio o vetrinetta a testa in su. Prima dell’uso, se necessario e, comunque, per igiene, si risciacquano e si asciugano velocemente per agitazione.

L’avvinazione.

Operazione che consiste nel versare un poco di vino in un bicchiere o in una caraffa per eliminare ogni eventuale residuo, pulendoli allo stesso tempo da odori o sapori estranei. Il vino viene fatto ruotare sulle pareti del contenitore e poi gettato.

Aneddoto sull’avvinazione

Qualche anno fa insieme ad altri quattro commensali siamo stati a cena da Checco a Trastevere e abbiamo pasteggiato con una bottiglia di Aglianico Beneventano della capacità di Cl. 70 al prezzo di listino di € 47,00.

Il sommelier, o quello che si è presentato con i modi quale tale, si è avvicinato con un carrello  sul quale era poggiato un decanter e ha dopo aver stappato la bottiglia, senza chiedere chi dei commensali era deputato all’assaggio del vino, ha effettuato l’avvinazione del decanter buttando poi in una bacinella  quella piccola quantità utilizzata per il servizio.

Subito dopo ha preso un’altra piccola quantità di vino dalla bottiglia l’ha versate in un calice ed ha effettuato l’avvinazione anche del calice buttando nella bacinella lil vino che ha utilizzato.

Ha riutilizzato il calice inserendo nello stesso un’altra piccola quantità di vino per effettuare la degustazione che ha effettuato con nonchalance davanti a noi. Alla fine, contento della degustazione ha provveduto a mescere il restante vino della bottiglia nel decanter che ha lasciato a centro tavolo.

Ha riportato dietro il carrello con la bacinella con la quantità di vino utilizzato per la ‘avvinazione.

Prima di iniziare a mangiare ho versato a ognuno di noi  commensali nel proprio calice la quantità corrispondente al 30% o anche meno della sua capacità e, il decanter è rimasto vuoto.

Quella sera abbiamo continuato a pasteggiare con acqua Nevi non perché non potevamo permetterci un’altra bottiglia di quell’Aglianico, ma perché non volevamo condividere il nostro vino avvinizzando il sommelier.

P.S.: Quando sono a casa mia e bevo il vino di mio suocero, non utilizzo ciotole o calici, ma la mia caraffa di terracotta. Nessuno sa quanto bevo ma, soprattutto non condivido nulla con altri con la scusa dell’avvinazione.



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